Nella onomastica rilevabile dai documenti antichi sulla Valle d'Aosta il nome Fontina ricorre con una certa frequenza. Sin dalla metà del 1.200 si incontra la famiglia "de Funtina" e cento anni dopo si legge "de Fontines".
Molto ricca è la documentazione sull'uso del nome Fontina per indicare i luogh (toponomastica): prati, terreni, villaggi...
Lentamente sorge, scorrendo gli archivi, l'abbinamento del nome Fontina al nostro caratteristico formaggio; in sostituzione al "vacherinus", in abbinamento al "seras" e poi a partire dal XVIII secolo usato in modo inequivocabile per il formaggio tipico.
Per molti secoli la Fontina venne prodotta là dove era possibile avere abbastanza latte, cioè abbastanza vacche, e cioè in alpeggio. Durante l'inverno la quasi totalità delle famiglie valdostane non aveva che una o due o tre mucche, per la famiglia appunto. Solo nel corso del 1.800 si costituirono le latterie turnarie e il latte da lavorare fu messo in comune con spirito cooperativistico.
La Fontina è dunque figlia dell'alta montagna, dell'alpeggio e ha preso il nome da nobili casati e ricorrenti toponimi della Valle d'Aosta. Se visitate i castelli valdostani, osservate gli affreschi di Issogne. Tra dame, cavalieri e guerrieri vedrete un medievale banco di vendita del formaggio: si riconoscono le tipiche forme di Fontina.
E' il segno di una tradizione -anzi di un'arte- che in questa terra continua da sette secoli e ha dato gusto a generazioni di valdostani e di visitatori.
Fontina, una parola ricca di storia, un nome che oggi garantisce a livello europeo il rispetto di rigorose norme di produzione e consente di mantenere la specificità e le qualità organolettiche del prodotto, così come la secolare tradizione da cui deriva.
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