lunedì 22 agosto 2016

Le Antiche Vie della Bassa Padovana e del Veronese

 

A differenza di quello che si potrebbe immaginare, nel Medioevo le persone si spostavano molto: per lavoro, per commercio e per transumanza di greggi e armenti in cerca di nuovi pascoli, dal momento che, in queste zone, fino a pochi secoli fa, la pastorizia costituiva la principale attività di sostentamento.
Allo stesso modo le persone si spostavano per compiere lunghi pellegrinaggi a piedi non solo verso alcune mete classiche e lungo tracciati ancora oggi molto conosciuti – come Santiago de Compostela o la Via Francigena – ma anche verso Santuari forse meno famosi, ma altrettanto amati dai devoti pellegrini che intraprendevano questi cammini, spesso lunghi e faticosi.
Anche questa antica strada della Bassa Padovana e del Veronese era percorsa da pellegrini provenienti da Venezia e diretti a Santiago de Compostela, che approfittavano dei numerosi Monasteri e Abbazie disseminati lungo questa via, presso i quali era possibile rifocillarsi e riposare. I pellegrini transitavano a piedi passando da Monselice verso l’Abbazia di Carceri, per raggiungere poi il monastero di Santa Margherita d’Ipres ad Altaura, San Salvaro di Urbana e, oltre l’Adige, San Salvaro di San Pietro di Legnago, per poi proseguire verso la bassa Lombardia. Essi percorrevano all’incirca 20 chilometri al giorno e si mantenevano con l’aiuto dei Frati dei monasteri o facendo i giocolieri e i saltimbanchi nelle piazze.





Il Comune di Saletto (Pd) nella rete dei borghi europei del gusto


La sua origine romana è testimoniata dalla presenza, nel territorio, di numerosi reperti archeologici. Il nome deriva dal latino SALICETUM, probabilmente perché la zona presentava una ricca vegetazione di salici. Le prime testimonianze storiche scritte, risalgono all’anno Mille. Due i documenti che riportano il nome di “Saletum”: il primo è un documento di donazione della fine dell’XI secolo, con il quale il marchese Azzo cede dei terreni all’abbazia di Santa Maria della Vangadizza, atto confermato dall’imperatore Enrico IV; il secondo è il testamento del marchese Tancredo, nel quale viene anche nominata la chiesa di San Silvestro. Sulla storia dei secoli successivi non si ha alcuna testimonianza certa, se non un documento, risalente al XV secolo, relativo a una visita pastorale. Tra le opere di architettura religiosa vanno menzionate: la chiesa di S. Silvestro, piccola chiesa in stile romanico, edificata con materiale recuperato da altri monumenti, con l’abside orientato a est e con il campanile inserito nella facciata, e la chiesa di S. Lorenzo, che è la chiesa principale, inizialmente a due navate, ampliata nel XVI secolo, ricostruita nel XVIII secolo e nuovamente ampliata nel XX secolo. Tra le opere architettoniche civili, troviamo: palazzo Pisani-Cioco; l’oratorio di S. Giuseppe, fatto edificare dai conti Briani, nel XVII secolo e, infine, diverse case coloniali tipiche dei secoli XVIII e XIX.

La tradizione culinaria dell'Istria Slovena

Il fascino della nostra zona costiera, questo luogo che si trova al punto più settentrionale del mare Mediterraneo, fu decantato da numerosi poeti, ispirati e appassionati dai colli istriani, dal mare, dalle saline, dal Carso con i suoi villaggi in pietra…
La costa, con la sua rigorosa vegetazione, offre una varietà d’esperienze culinarie con le fresche erbe aromatiche e con prelibate specialità di pesce.

Di solito, nella tradizione culinaria istriana le pietanze vengono cotte e solo raramente fritte. Il ruolo principale spetta ai vari generi di verdure locali, alle erbe aromatiche e alle spezie. Quest’ultime hanno prevalentemente un sapore mite, ma i cuochi fanno uso spesso anche delle loro varietà selvatiche. I piatti tipici della cucina istriana sono quelli di pesce e di pollame. Gli ingredienti principali sono ovviamente l’olio d’oliva e il vino del luogo. Oggi, l’olio, il vino e il sale marino, coltivati nel litorale sloveno, sono prodotti riconosciuti a livello mondiale.  

L'ulivo

L'ulivo è una pianta mediterranea che grazie al suo ricco patrimonio, appare come fonte inesorabile di storie sia nella mitologia sia nella vita dell’uomo moderno. A causa delle specifiche condizioni climatiche della nostra regione, l’olio d’oliva istriano è conosciuto per il suo gusto tipico. 

La vite

Sul suolo istriano cresce la varietà di vite autoctona, dalla quale proviene il rinomato vino rosso Refosco. Il vino bianco tipico della regione invece è il Malvasia. Entrambi i vini accompagnano i tipici piatti istriani: il prosciutto crudo, il formaggio, il pane con l’olio d’oliva casereccio, i bobici (minestra con mais), gli “štruklji dolci” (tipo d’involtini o strucoli cotti) farciti di carne, la “polenta insanguinata”, le omlette con asparagi selvatici, i vari tipi di pasta tipica istriana come i “bleki” (biechi), i fuži (fusi) e i blečići (blecici); poi i risotti, i frutti di mare in “čežama” (cesama) o in brodetto, seguono i vari tipi di pani dolci, gli involtini e i dolci fritti come le “fritole” (frittole).  

Il sale di Pirano

I salinai coltivano il sale secondo un metodo vecchio di 700 anni e lo raccolgono ancora manualmente, con gli attrezzi tradizionali.
Il grande segreto della qualità e del naturale colore bianco del sale prodotto nelle saline di Sicciole, consiste nel terreno  dei campi di sale d’argilla, ricoperto da un sottile strato di petola, ossia da uno strato di base spesso pochi millimetri, fatto di sedimenti biologici, formati da  minerali e microrganismi.

La coltivazione del sale dipende completamente dalle forze della natura – il sole, il vento e il mare, e dal lavoro diligente dei salinai. 

Il pesce e i piatti di carne

I secondi piatti di pietanze cotte, come ad esempio il pesce, il montone, il pollame e il manzo, sono conosciuti per la loro preparazione. La »Žgvaca”, o “Zguazza« è un piatto di carne in sugo con spezie locali. Molti piatti sono preparati »in padella« o sotto la brace, ovvero sotto la »črepnja« (coperchio per la cottura con la brace). Si usa preparare anche degli ottimi brodetti di pesce, le marinate e altri piatti simili. Nonostante alcuni tentativi di fare rivivere e preservare l'offerta gastronomica autoctona, sulla costa slovena sta prendendo piede la tendenza alla gastronomia moderna che offre le più varie pietanze: dal pesce alla carne, la pasta e le pizze. 

Il cachi

detto anche »frutto divino« è un frutto che possiamo concederci solo durante pochi mesi d’autunno e inverno. Fu portato in Europa intorno all’anno 1870 ed è coltivato prevalentemente nei paesi mediterranei. In Istria e sulla costa slovena hanno iniziato a coltivarlo un po’ più tardi, ossia nei primi decenni del secolo scorso.

L’Associazione turistica Solinar di Strugnano è riuscita ad integrare in modo eccellente i beni della natura locali ed il turismo, organizzando ogni anno la ormai tradizionale Festa dei cachi, con la quale arricchiscono l’offerta turistica del comune, che trae il proprio potenziale interamente dal patrimonio naturale.

Gli asparagi

L'asparago selvatico, che in dialetto è chiamato »šparoga«, è una pianta tipica mediterranea. Cresce soprattutto ai margini dei boschi dell’Istria slovena. Essendo una pianta perenne, riesce a raggiungere anche un metro d'altezza. La stagione in cui germoglia è la primavera - da metà marzo fino a metà maggio. Un antico detto istriano dice: “April sparaser, maio saraser.” (Aprile mese d’asparagi, maggio mese di ciliege.)

La frittata

È un piatto di uova, tipico della cucina istriana. Le frittate sono molto varie. La scelta e la preparazione dipendono dalla fantasia, dal gusto e da ciò che abbiamo nel frigorifero. Si può prepararla col prosciutto, con la pancetta, con gli asparagi, i funghi, i tartufi, la cipolla primaverile o altri tipi di verdure, oppure con le lumache o col formaggio.

Il carciofo

Già gli antichi romani conoscevano il carciofo. Ai tempi dell'apice del loro impero, il carciofo fu coltivato come verdura e come pianta d'ornamento. Si mangiava crudo o cotto. In seguito fu dimenticato e solo nello scorso secolo sono state scoperte le sue proprieta curative nelle malattie del fegato e della bile. Il carciofo è una pianta simile alla carlina, che raggiunge circa 120 cm d’altezza. Di solito si mangiano i suoi frutti, o i boccioli cotti. La cucina mediterranea e anche quella istriana, conoscono molti piatti raffinati preparati con il carciofo.

Le “Osmice”

Per sperimentare il più genuino piacere gastronomico, da novembre a giugno ci pensano le “osmice” (osmizze), numerose soprattutto nella zona costiera. Il produttore agricolo può organizzare solo un’osmizza l’anno, che può durare otto giorni (“osmica” in sloveno significa “numero otto”), dove offre il vino di propria produzione, le conserve di verdure fatte in casa, gli affettati, le olive, i formaggi, le salsicce, il pane fatto in casa e tante altre prelibatezze caserecce.
Più volte il giornalista enogastronomico PalatoAnarchico ha partecipato a degustazioni ed eventi raccontandone con foto e brevi note, sapori, colori ed emozioni.


La rete dei borghi europei del gusto a Tallin,capitale dell'Estonia

Il viaggio della missione di visita della rete dei borghi europei del gusto è proseguito in Estonia, a Tallin.

Tallinn (Reval in
tedesco, Tallinna in finlandese) è la capitale dell'Estonia nonché suo principale porto, è situata nella costa settentrionale del paese, affacciata sul Mar Baltico, in linea d'aria è divisa da 80 chilometri di Mar Baltico da Helsinki, quest'ultima situata più a Nord, inoltre Tallin è anche la città più popolosa e maggiore centro economico e commerciale del paese estone.
La sua
Città Vecchia medioevale, antico porto anseatico, è divenuta patrimonio dell'umanità dell'UNESCO nel 1997.
Tallinn è stata la
Capitale Europea della Cultura per l'anno 2011 assieme alla città finlandese di Turku.

DA VENERDÌ 26 A DOMENICA 28 AGOSTO A CASTELVENERE (BENEVENTO)
VA IN SCENA LA TRENTASEIESIMA EDIZIONE DELLA ‘FESTA DEL VINO’

Una tre giorni con protagoniste le aziende locali e che propone spazi di riflessione
e degustazioni guidate per approfondire la conoscenza dei vini da vitigni storici

Torna la tradizionale Festa del Vino di Castelvenere (Benevento). Da venerdì 26 a domenica 28 agosto il Comune più vitato della Campania si anima con una tre giorni da trascorrere nel segno di Bacco. Protagoniste della manifestazione, che tocca la sua trentaseiesima edizione, saranno soprattutto le cantine locali, che accoglieranno gli enoturisti nella centralissima piazza San Barbato. Nel corso delle tre serate i produttori faranno degustare ad enoturisti e appassionati le loro etichette tipiche, prodotte da vitigni storici: i blasonati falanghina e aglianico, con i meno noti ma sempre affascinanti barbera, coda di volpe, piedirosso e agostinella.
Una Festa che rappresenta anche un momento di riflessione importante, con alcuni incontri dedicati ai vitigni tipici, in particolare il barbera, che faranno registrare contributi importanti, con la presenza di giornalisti enogastronomici, wine blogger e professionisti impegnati nella programmazione del territorio. Uno spazio interessante sarà dedicato alle degustazioni guidate, che metteranno a confronto le etichette sannite ottenute da uve barbera e da uve falanghina con note Denominazioni di Origine dello Stivale che presentano alcune analogie nei calici. Nel corso di questo gioco educativo, nella prima serata il Sannio Barbera Dop sarà messo a confronto con il Lacrima di Morra d’Alba Dop e il Ruché di Castagnole Monferrato Docg (degustazione condotta da Alberto Capasso, Slow Wine/Slow Food). Sabato 27 agosto sarà protagonista la Falanghina del Sannio Dop che invece si confronterà con produzioni Vermentino Docg e Verdicchio dei Castelli di Jesi Docg (degustazione condotta da Antonio Follo, Ais Benevento). Nella serata finale sempre la Falanghina del Sannio Dop, questa volta in versione spumante, si confronterà con due etichette Prosecco di Valdobbiadene (degustazione a cura della Fis). Le degustazioni, che si svolgeranno nell’Enoteca comunale di piazza San Barbato (dalle ore 20.30), saranno a numero chiuso e su prenotazione (ai numeri 340.7943165/329.7333423).
Non mancherà la buona gastronomia, con la novità di un’area dedicata alla pizza e uno spazio che vedrà protagonisti i fritti della tradizione, proposti anche in abbinamento con gli spumanti sanniti ottenuti da uve falanghina, in una cornice curata da Sannio Way. E ci sarà l’area dedicata ai prodotti della terra e ai sapori tipici, che ospiterà le aziende aderenti a Campagna Amica di Coldiretti.
Musica ed intrattenimento per bambini completano la ricca offerta programmata dalla Pro Loco Castelvenere con il supporto del Comune di Castelvenere.
Parteciperà alle degustazioni per conto dell’Associazione Borghi Europei del Gusto il giornalista enogastronomico PalatoAnarchico, ovviamente in incognito e ben mimetizzandosi tra i produttori per ascoltarne i racconti.

Il Meschio e la sua storia

E’ iniziato  il 14 agosto un periodo di manifestazioni e iniziative nell'area delle Prealpi Trevigiane, a Vittorio Veneto in particolare. La trasmissione multimediale l'Italia del Gusto dedica a questo territorio almeno quattro puntate, con soste e visite gustose dei giornalisti e dei comunicatori.
Il progetto Comunicare per Esistere tocca dunque, dopo il Cansiglio, anche Vittorio Veneto.
Il primo itinerario, per l'Azione Aquositas (circuito delle Terre d'Acqua), si è occupato del percorso del fiume Meschio.

IL MESCHIO ( da
http://www.turismovittorioveneto.gov.it/Vittorio/Citta/ambiente/meschio.html)

Il Meschio nasce alle pendici del M.te Visentin a Savassa Alta, frazione di Vittorio Veneto, entra a S.Giustina e attraversa Serravalle nei pressi del vecchio ospedale dove con i suoi caratteristici "meschet", canali provenienti dal corso principale, attraversano tutto il territorio comunale.
La sorgente di origine carsica è costituita da un bacino, chiamato "brent" localizzato a 220m di quota.
Sul fondo del "brent" ha inizio una condotta che risale la montagna ed è investita da una corrente d'acqua di notevole portata.
L'acqua ha la caratteristica di mantenere la sua temperatura di 12°C costante in ogni stagione. Lasciata la sorgente parte dell'acqua è destinata agli acquedotti, parte scende per una ripida scarpata per raggiungere poi il lago di Negrisiola.
Il corso del Meschio si conclude dopo aver attraversato i comuni di Colle Umberto e Cordignano nei pressi di Ponte della Muda dove confluisse nel Livenza. Il fiume ha in gran parte perso la sua funzione industriale, una riflessione sul ruolo del fiume potrebbe prevedere accanto alla preziosa pista ciclabile, una ridefinizione delle svariate opere idrauliche, in parte in disuso, che si trovano lungo il suo corso. La presenza di grosse derivazioni, scavalcamenti, sbarramenti, salti d’acqua sono d’ostacolo sia al passaggio dei pesci sia ad un diverso utilizzo del fiume. Queste opere opportunamente recuperate e\o eliminate potrebbero permettere di ridurre le perdite di un bene così importante come l’acqua, consentire un recupero a fini ecologici e un ulteriore impiego del fiume a fini turistico-ricretativi e sportivi come per esempio il “rafting” sport all’aria aperta che permette di vivere intensamente il fiume come si può osservare in molte realtà cittadine del nord Italia. Il giornalista enogastronomico PalatoAnarchico parteciperà alle diverse tappe raccontando con la spontaneità e l’imparzialità tutti gli aspetti positivi o negativi che siano.
I tre giorni del Sangiovese - Predappio
dal 02/09/2016 al 04/09/2016


Un appuntamento unico per degustare i grandi vini di Predappio, imperniato sul binomio “vino - cultura”.
Il protagonista della manifestazione sarà, ovviamente, il Sangiovese di Predappio: sarà possibile acquistare un calice, con relativo marsupio, con il quale degustare i vini delle 10 aziende aderenti all’Associazione per la promozione del Sangiovese di Predappio, collocate sotto gli archi del suggestivo loggiato di Piazza Garibaldi.
Possibilità di accedere gratuitamente a percorsi guidati di avvicinamento alla conoscenza e al piacere del Sangiovese con l’ausilio di sommeliers professionisti.
Degustazione di prodotti tipici della gastronomia romagnola e predappiese in particolare, formaggi (tra cui il raviggiolo ed il formaggio di grotta di Predappio Alta) e ottimi salumi delle rinomate aziende agrituristiche del territorio.
Eventi artistico culturali che assicureranno l’ideale cornice e sottofondo alle degustazioni dei vini: concerti di musica classica, jazz e popolare e di una collettiva d'arte a tema dal titolo “EnoArte. L’universo del Vino”. I Borghi Europei del Gusto seguiranno la manifestazione con il giornalista enogastronomico Palatoanarchico , che racconterà con la sua penna pungente tutto  quanto accadrà durante i giorni dell’evento.

martedì 16 agosto 2016

“ ….un soffio di Romagna e….”

Complice una ottima piadina con la mortadella e lo scacquerone, Antonia e Stefano,numi tutelari di
“…. un soffio di Romagna e...” a Vittorio Veneto e Castrette di Villorba ( lungo la Statale Pontebbana), ci hanno regalato ricordi di una terra meravigliosa.
E’ impossibile dimenticare i viaggi del gusto alla scoperta del vino burson e di altre delizie a Bagnacavallo ; gli itinerari che Palato Anarchico (alias Giuseppe Gaspari) ha proposto a Cesena
e nella zona dei Colli ; i percorsi storici a Sarsina ; le soste ‘al sangiovese’ nelle colline di Predappio ; i lunghi pellegrinaggi a Modigliana e Premilcuore ; la ricerca degli inediti del buon e bello vivere in terra di Romagna.

Poi quei disegni di Tonino Guerra, riprodotti sulle tende de “ ...un soffio di Romagna e...”.
Tonino Guerra nasce a Santarcangelo di Romagna nel 1920, laureato in pedagogia presso l'Università di Urbino, soggettista e sceneggiatore cinematografico di fama internazionale, collaboratore di Antonioni, De Sica, Fellini, I Fratelli Italiani, Monicelli, Rosi. Autore di opere narrative, poeta autentico e originale, artista, che traduce la fantasia in immagini e colori. Dal 1989 ha vissuto e lavorato a Pennabilli nel Montefeltro, dove ha dato vita a numerose installazioni artistiche.


L’incontro di Tonino Guerra e della Stamperia Pascucci
L'incontro con il poeta Tonino Guerra avvenne nella primavera del 2001 mentre la Stamperia Pascucci stava organizzando la prima grande mostra di tende da sole sulla spiaggia di Cervia. Occorrevano per l'allestimento, oltre alle tende storiche, dei brevi racconti per accompagnare la mostra. Tonino Guerra con generosità fornì otto aforismi, scrivendoli di suo pugno per la bottega. Quindi, da un susseguirsi di incontri, nacque una preziosa amicizia che, grazie alla sua immaginazione e ai suoi suggerimenti, diede vita a un modo nuovo e originale di realizzare le tele stampate, portando la tradizione, sempre e comunque rispettata, verso un rinnovamento visibile ancora oggi.
"Gli arazzi luminosi di Pennabilli" fu il primo grande progetto, sviluppato a Bertinoro, costituito da dodici grandi tele stampate e dipinte a mano con le quali si diede inizio ad un cammino di rinnovamento e studio che portò ad esplorare in maniera ancora più approfondita le possibilità creative che la stampa a mano consente. I disegni che Tonino creava con maestria racchiudevano poesie e le cose che nascevano in bottega regalavano emozioni prima di tutto a noi che le realizzavamo. Colori nuovi e linee fantastiche, ma soprattutto le sue amate farfalle, simbolo indiscusso di una sensibilità che ha attraversato momenti duri e che grazie alla magia della fantasia è sopravvissuta, hanno animato la bottega e tutti coloro che, acquistando una tela stampata con i suoi disegni, hanno scelto di portare a casa un pezzo di tradizione romagnola e di poesia.

Nel 2011, anno precedente la morte, Tonino scriveva: "Da dieci anni mi piace creare, con l'aiuto del maestro artigiano Riccardo Pascucci, presenze disegnate che parlano dalle pareti. Li hanno chiamati Arazzi luminosi, ma per me restano semplici drappi poetici per tenere compagnia, per riscaldare i nostri pensieri, per ascoltare le loro favole" (da "La Valle del Kamasutra" di Salvatore Giannella).


La storia di Caffè Pascucci

E’ il 1883 quando Antonio Pascucci, figlio di tessitori, decide di dedicarsi al commercio diventando “industriante”. Si dedicherà al commercio alimentare, forte del fatto che, il 15 luglio viene stipulato l’accordo tra Italia e Inghilterra che sancisce la libertà di commercio e di navigazione tra i due paesi. Tra gli alimenti commerciati i coloniali e soprattutto i caffè crudi divengono la sua passione.
Nel 1935 Mario Pascucci, dedito alla prosecuzione del lavoro avviato dal padre, apre la prima bottega di famiglia, a Monte Cerignone, gestita dalla moglie Domenica.
E’ il dopoguerra quando Dino Pascucci, fratello di Mario, apre il proprio caffè a Monte Cerignone ed installa la prima macchina per caffè espresso, le sua specialità sono il caffè ed i sorbetti.

Avendo tra le fondamenta la ricerca della qualità, la Pascucci ha trasferito la propria sede produttiva in un nuovo ed importante stabilimento. Molti strumenti e tecniche, unitamente alla sede storica stessa, sono stati conservati.


Il laboratorio analisi, gestito da tecnici specializzati ed agronomi, garantisce la qualità dei caffé crudi. In questo laboratorio oltre alle molteplici analisi sui chicchi (peculiarità, umidità, presenza di difetti, muffe, ecc.), si costruiscono le relazioni con i contadini, si creano strumenti informativi per quegli agricoltori con minor preparazione, si studiano le caratteristiche dei terreni per selezionare le migliori aree produttive nel mondo, si studiano inoltre i centri di raccolta con lo scopo di individuare, sostenere, e nel caso organizzare, perché siano in grado di operare secondo il criterio della qualità. 

Torna Cocano

Il container è in mare e a breve il caffè Cocano, uno dei migliori caffè che Haiti possa produrre, sarà ordinabile in singola origine sull’ e-commerce di Caffè Pascucci.
Sono passati oltre due anni da quando la "Roya" (la malattia che ha colpito le foglie di caffè decimando le piantagioni in America Latina) ha impedito alla Pascucci di importare questo splendido caffè.
In passato, Haiti è stata sfruttata in modo ingiusto da nazioni che si considerano "più civili", e, in questi ultimi dieci anni, pare che la natura abbia voluto accanirsi devastando con tutta la sua forza questo bellissimo paese.
Roya, terremoto e uragani, si sono abbattuti uno dietro l'altro su Haiti, ma, guardando i volti di questa gente, si può comprendere come la felicità si trovi spesso lontana dal nostro modo di vivere e come ciò che può portare gioia all'uomo siano la sua speranza, la sua purezza e la sua semplicità.Il progetto Cocano ad Haiti è nato da un rapporto di collaborazione tra Pascucci, Girolomoni (cooperativa Alce Nero a Montebello) ed il Vescovo di Port de Paix Pierre Antoine Paulo, ed ha trovato la sua ispirazione in uno splendido legame di amicizia e di condivisione. Oggi, dopo tutte queste avventure, il progetto Cocano torna ancora più forte, ulteriori amici (Shadhilly e la St. Thomas University di Miami) collaborano con noi, nella speranza di poter contribuire a far raggiungere a questo popolo quell'autonomia che possa essere alla pari alla loro dignità.

Cooperativa Cocano di Haiti produce un Arabica Naturale della varietà Typica, ideale in espresso/caffettiera/Syphon

Birra Gradisca - Birrificio Amarcord

Immagine in linea con il testo
La "Gradisca" è l'ultima birra della linea Classica di "Amarcord" …..
Prodotta a bassa fermentazione la "Gradisca" è una birra molto beverina, color giallo paglierino, la schiuma non risulta molto persistente e al naso percepiamo tenui sentori floreali.
In bocca è rotonda e delicata, solamente nel finale emerge l'amaro dei luppoli.
Consigliamo questa birra a chi cerca qualcosa di leggero o a chi si vuole semplicemente dissetare.
Storia e curiosità:
Il birrificio "Amarcord" è uno dei maggiori produttori di birra artigianale in Italia. Nato a Rimini, città Natale del grande Federico Fellini si sposta nel 2002 a San Marino, infine dal 2008 ha spostato i suoi stabilimenti nelle Marche, più precisamente ad Apecchio.
Come anticipati nella descrizione, il birrificio rende omaggio dallo storico film del '73 di Fellini "Amarcord" (Premio Oscar) e le sue birre prendono il nome dai vari personaggi del film.
La "Gradisca", interpretata dall'attrice francese Magali Noel, era una donna bella e lussuriosa, sogno proibito di tutti gli uomoni del paese.
Abbinamenti Gastronomici:
Antipasti leggeri, primi piatti, pizza e carni bianche.




Lo squacquerone di Romagna dop
Quando abbiamo degustato le piadine di Antonia e Stefano, subito ci sono venti in mente gli amici
dell’Azienda Agricola Giacomo Fucci -Caseificio Boschetto Vecchio di Conselice (Ravenna).
In azienda sono presenti circa 140 vacche di razza frisona e jersey, poste liberamente in ampli box ed alimentate con foraggi ed insilati di produzione propria. Esse producono latte del circuito “alta qualità”; i Fucci sono stati i primi in Italia a produrlo ed a avere la certificazione per il latte di alta qualità nel lontano 1991. Da un’ottima materia prima certificata e dalla passione di generazioni dedite alla vita di campagna, nascono splendidi formaggi prodotti artigianalmente e con tecnologie naturali nel caseificio aziendale inaugurato nel 1998. La freschezza e la qualità dei formaggi sono garantite da tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti.
Tra i formaggi freschi ricordiamo perfettamente lo squacquerone.

Lo Squacquerone di Romagna Dop, è un formaggio grasso, fresco a pasta molle. È il prodotto caseario tipico dell'Emilia Romagna, in particolare delle province di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Bologna e parte del territorio di Ferrara. Formaggio fatto con latte di vacca a pasta molle che “squacquera”. La maturazione non supera i 4 giorni. Formaggio fresco senza nervo. Il nome descrive la sua non forma, determinata dalla confezione che lo contiene. Tipicamente utilizzato con la Piadina romagnola.

L’azienda Le Rocche Malatestiane


L’azienda Le Rocche Malatestiane ( i cui vini sono stati degustati a “...un soffio di Romagna e...” a Vittorio Veneto), si trova a Rimini, sulla costa Adriatica ed ha le sue zone di produzione vitivinicola sulle colline che guardano il mare. Da sempre Le Rocche Malatestiane rappresenta le radici vitivinicole del territorio riminese ed è con orgoglio che dal 1959 l’ azienda ed i vini portano il nome della famiglia Malatesta, Signoria di Rimini dal XIII al XV secolo.
I Malatesta, in particolare Sigismondo Pandolfo, furono grandi condottieri e mecenati, e grazie a loro furono realizzate opere d’arte e di architettura come le rocche e le fortezze che si intravedono sulle colline, dove si coltivano i nostri vigneti.
I vini de Le Rocche Malatestiane sono prodotti da 500 viticoltori che coltivano direttamente 800 ettari di vigneto distribuiti sulle colline della Provincia di Rimini, dall’alta Val Marecchia fino all’entroterra di Cattolica, al confine tra la Romagna e le Marche.
Da questo grande patrimonio di vigneti si producono le migliori uve della DOC Colli di Rimini e della DOC Romagna. I territori appaiono come un mosaico di terroirs, diversi per altitudine, per tipologia di suolo e per la posizione rispetto al mare.
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Dal 2011 con il progetto “Terre riminesi del sangiovese” l’azienda ha voluto riqualificare la propria identità attraverso la valorizzazione del vitigno Sangiovese che maggiormente ci contraddistingue perché rappresenta oltre il 70% delle nostre produzioni locali.

Si è investito così sull’analisi dei suoli con una zonazione che ha delineato 3 grandi terroirs e grazie a nuove metodologie di selezione delle uve in cantina e ad una vinificazione separata, è stato possibile creare un’interpretazione più rispettosa delle caratteristiche del vitigno e dei terroirs di provenienza.

Alla produzione di Sangiovese si affiancano produzioni da vitigni autoctoni come Rebola, Pagadebit e Biancame e da vitigni internazionali come Merlot, Cabernet Sauvignon e Chardonnay che hanno trovato nel territorio riminese una loro positiva espressione.

Le radici culturali e la passione per il territorio hanno portato al restauro di una magnifica grotta sotterranea nel ventre del Monte Giove, la collina su cui sorge Santarcangelo di Romagna, in Provincia di Rimini. Qui affiniamo il sangiovese Mons Jovis, in una condizione di stabilità di temperatura e di equilibrio di tutti i fattori che rendono il vino straordinario.

La stessa passione per il territorio e per le origini di viticultori che rendono speciali i vini dell’Azienda.
“ ….un soffio di Romagna e….”

Complice una ottima piadina con la mortadella e lo scacquerone, Antonia e Stefano,numi tutelari di
“…. un soffio di Romagna e...” a Vittorio Veneto e Castrette di Villorba ( lungo la Statale Pontebbana), ci hanno regalato ricordi di una terra meravigliosa.
E’ impossibile dimenticare i viaggi del gusto alla scoperta del vino burson e di altre delizie a Bagnacavallo ; gli itinerari che Palato Anarchico (alias Giuseppe Gaspari) ha proposto a Cesena
e nella zona dei Colli ; i percorsi storici a Sarsina ; le soste ‘al sangiovese’ nelle colline di Predappio ; i lunghi pellegrinaggi a Modigliana e Premilcuore ; la ricerca degli inediti del buon e bello vivere in terra di Romagna.

Poi quei disegni di Tonino Guerra, riprodotti sulle tende de “ ...un soffio di Romagna e...”.
Tonino Guerra nasce a Santarcangelo di Romagna nel 1920, laureato in pedagogia presso l'Università di Urbino, soggettista e sceneggiatore cinematografico di fama internazionale, collaboratore di Antonioni, De Sica, Fellini, I Fratelli Italiani, Monicelli, Rosi. Autore di opere narrative, poeta autentico e originale, artista, che traduce la fantasia in immagini e colori. Dal 1989 ha vissuto e lavorato a Pennabilli nel Montefeltro, dove ha dato vita a numerose installazioni artistiche.


L’incontro di Tonino Guerra e della Stamperia Pascucci
L'incontro con il poeta Tonino Guerra avvenne nella primavera del 2001 mentre la Stamperia Pascucci stava organizzando la prima grande mostra di tende da sole sulla spiaggia di Cervia. Occorrevano per l'allestimento, oltre alle tende storiche, dei brevi racconti per accompagnare la mostra. Tonino Guerra con generosità fornì otto aforismi, scrivendoli di suo pugno per la bottega. Quindi, da un susseguirsi di incontri, nacque una preziosa amicizia che, grazie alla sua immaginazione e ai suoi suggerimenti, diede vita a un modo nuovo e originale di realizzare le tele stampate, portando la tradizione, sempre e comunque rispettata, verso un rinnovamento visibile ancora oggi.
"Gli arazzi luminosi di Pennabilli" fu il primo grande progetto, sviluppato a Bertinoro, costituito da dodici grandi tele stampate e dipinte a mano con le quali si diede inizio ad un cammino di rinnovamento e studio che portò ad esplorare in maniera ancora più approfondita le possibilità creative che la stampa a mano consente. I disegni che Tonino creava con maestria racchiudevano poesie e le cose che nascevano in bottega regalavano emozioni prima di tutto a noi che le realizzavamo. Colori nuovi e linee fantastiche, ma soprattutto le sue amate farfalle, simbolo indiscusso di una sensibilità che ha attraversato momenti duri e che grazie alla magia della fantasia è sopravvissuta, hanno animato la bottega e tutti coloro che, acquistando una tela stampata con i suoi disegni, hanno scelto di portare a casa un pezzo di tradizione romagnola e di poesia.


Nel 2011, anno precedente la morte, Tonino scriveva: "Da dieci anni mi piace creare, con l'aiuto del maestro artigiano Riccardo Pascucci, presenze disegnate che parlano dalle pareti. Li hanno chiamati Arazzi luminosi, ma per me restano semplici drappi poetici per tenere compagnia, per riscaldare i nostri pensieri, per ascoltare le loro favole" (da "La Valle del Kamasutra" di Salvatore Giannella).

Concorso giornalistico “Il Bursôn e il suo territorio”: per partecipare c'è tempo fino al 31 agosto


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Giunto alla quarta edizione, ha un montepremi totale del valore di € 3.000. Si può partecipare con articoli editi o con servizi radio e televisivi con protagonista il vino autoctono dell’area di Bagnacavallo

Per il quarto anno consecutivo viene riproposto il concorso giornalistico “Il Bursôn e il suo territorio”, organizzato dal “Consorzio Il Bagnacavallo”. Obiettivo del concorso: premiare i migliori articoli editi (su carta stampata e online, anche su testate non registrate) e/o servizi radio e tv andati in onda, che hanno come protagonista il vino Bursôn e l’Uva Longanesi.


C’è tempo fino al 31 agosto 2016 per partecipare al concorso inviando articoli pubblicati dal 1 ottobre 2015 al 30 agosto 2016 o i servizi radio/tv andati in onda nello stesso periodo. La partecipazione è gratuita e vi possono concorrere giornalisti, pubblicisti, blogger anche non iscritti all’ordine dei giornalisti, purché di età superiore ai 18 anni.

La storia dell’Uva Longanesi nasce da una felice intuizione di Antonio Longanesi, soprannominato “Bursôn”. Classe 1921, nasce a Boncellino, nel comune di Bagnacavallo (RA). Antonio, amante della caccia, era solito trascorrere le giornate invernali in un capanno situato nei pressi di un una quercia, sulla quale si arrampicava una vite selvatica. Una vite sconosciuta che lo incuriosisce per la dolcezza dell’uva e la capacità di rimanere sana fino a tardo autunno. Con grande stupore scoprì anche che l’uva era in grado di dare un vino rosso di ben 14 gradi alcolici. La nascita del vino “Bursôn”, così com’è conosciuto oggi, è però datata 1996, quando l’enologo Sergio Ragazzini e l’amico Roberto Ercolani (viticoltore), entrambi di Bagnacavallo, decidono di creare un “grande vino rosso di pianura” di lungo invecchiamento. Il primo anno, quasi per scommessa, producono 780 bottiglie. Poi prove, analisi e il grande desiderio di far riconoscere quest’uva unica e la volontà di dare vita a un Consorzio che nascerà nel 1999. Nel 2000 grazie agli studi del CRPV di Tebano e delle analisi del DNA svolte all’Istituto di San Michele all’Adige, l’uva salvata da Antonio Longanesi viene iscritta al Registro delle Varietà da vino con il nome di “Uva Longanesi”. Il nome del vino, “Bursôn”, è stato depositato e registrato a tutela della sua tipicità dal Consorzio “Il Bagnacavallo”. Questa vite e il suo vino sono così legate in modo indissolubile al territorio di Bagnacavallo e alla pianura romagnola limitrofa.

I lavori possono essere inviati via posta al Consorzio Il Bagnacavallo, Via Ungaretti 1, Villanova di Bagnacavallo (RA) c/o Ecomuseo delle Erbe Palustri, oppure via mail a consorzioilbagnacavallo@gmail.com, specificando in entrambi i casi: “Concorso giornalistico Premio Burson, Edizione 2016”.

Interessanti i premi messi a disposizione per vincitori. Il 1° qualificato si aggiudicherà una targa-gioiello creato appositamente dall’orafo Paolo Ponzi e 60 bottiglie di Bursôn Etichetta Nera, per un valore complessivo di € 1.500; il 2° qualificato 60 bottiglie di Bursôn Etichetta Nera del valore complessivo di € 1.000; mentre al Premio speciale della giuria dei produttori verranno consegnate 30 bottiglie di Bursôn etichetta nera del valore di € 500. La cerimonia di premiazione avverrà nel mese di settembre 2016.

Per informazioni: Consorzio Il Bagnacavallo, tel. 0545 61632 consorzioilbagnacavallo@gmail.com
Il bando integrale del concorso è consultabile sul sito www.consorzioilbagnacavallo.it